Il mito della caverna
Trascrivendo, correggendo ed ideando contenuto dei miti, Platone elabora un proprio mito, il "mito platonico", di cui individua una duplice funzione:
- un ruolo didattico: la comunicazione più accessibile e intuitiva delle dottrine particolarmente complesse e difficoltose;
- un ruolo filosofico: l'allusione a realtà che superino i limiti dell'indagine razionale, che egli non riesce tuttavia a dimostrare tramite la riflessione filosofica, per supportare la trattazione di grandi temi metafisici. In mancanza della riflessione razionale, il mito le viene in soccorso con la sapienza tradizionale.
Nonostante il linguaggio filosofico e quello del mito possano essere arduamente distinguibili, la suggestione del platonismo ne favorì l'ampia diffusione.
IL MITO DELLA CAVERNA
Il cosiddetto "mito della caverna", riportato nel II libro della "Repubblica" di Platone, espone il percorso conoscitivo che l'uomo deve sforzarsi di compiere al fine di raggiungere il vertice della sapienza filosofica. Si tratta di un riepilogo del pensiero platonico nella sua componente metafisica, che coincide con la dottrina dell'essere, gnoseologica in correlazione alla teoria della conoscenza, ed infine nella sua componente etico-politica, vale a dire la virtù della conoscenza e il ruolo del filosofo nella società. Ne risulta quindi un'armonica unificazione che evidenzia l'aspirazione politica dell'intera filosofia platonica.
All'interno di tale mito, gli esseri umani vengono raffigurati come prigionieri incatenati in una caverna sin dalla nascita e costretti a guardare la parete di fondo mentre dietro di loro vi è l'entrata con luce proveniente dal mondo esterno. Inoltre, un fuoco poco distante brucia separato tramite un muricciolo dai prigionieri, dietro cui passano delle persone che proiettano le ombre di statue, figure animali, vasi e ulteriori oggetti fabbricati in legno o pietra sulla parete di fondo.
Essendo nati osservando solamente le ombre e non gli oggetti, gli uomini potrebbero convincersi del fatto che esse costituiscano la vera realtà. Tuttavia, nel caso in cui uno di essi si liberasse dalle catene e uscisse dalla caverna, verrebbe inizialmente dolorosamente abbagliato dalla luce solare, per poi adattarsi mano a mano alla nuova visione: a partire dalle ombre precedenti, potrà pertanto osservare anche il riflesso delle cose nell'acqua per mezzo delle sensazioni e apparenze, le cose stesse, e successivamente la luce degli astri, la luna e il cielo notturno grazie allo studio della matematica e delle proporzioni. Con il trascorrere del tempo potrà persino guardare il sole e riconoscerlo in qualità di Bene e signore del mondo visibile, cioè delle cose di cui nella caverna non poteva vedere le ombre. Ciò si presenta come la conoscenza finale delle idee stesse, come per esempio il concetto di Bello, Giusto e di Bene. Il ritorno nella caverna porrebbe, perciò, due problematiche: essendo ormai abituato alla luce solare, l'uomo avrà difficoltà a muoversi nel buio, cosa che susciterebbe disprezzo e derisione nei suoi confronti da parte degli altri prigionieri. Ciononostante, egli non può sottrarsi al suo dovere morale di uomo e tenterà di conseguenza di salvare i suoi compagni dall'ignoranza e renderli partecipi della realtà esterna, che potrebbero nondimeno provare incomprensione.
IL SIGNIFICATO
Il mito consiste in un'allegoria della formazione del filosofo e del suo destino purtroppo determinato dalla società corrotta, con eventuale conclusione tragica come nel caso di Socrate. La caverna è dunque la raffigurazione del nostro mondo sensibile, il quale limita gli uomini alla sola conoscenza dell'immagine delle cose anziché della loro essenza, mentre invece il prigionieri liberato rappresenta il faticoso itinerario educativo del filosofo per giungere alla vera conoscenza. Lo schiavo liberato supererà oltretutto la tentazione di vivere una vita serena e appartata e farà ritorno dai suoi compagni come filosofo e voce della conoscenza per assumersi il diritto e dovere di governare la città diretti al benessere della collettività. I filosofi sono gli unici a possedere una visione unitaria e panoramica delle cose, ed è per tale ragione che hanno il dovere di impegnarsi e dare il proprio contributo alla politica della città a vantaggio dei cittadini che ne fanno parte. In conclusione, il mito ci insegna che pur scostandosi dalle convinzioni comuni, la filosofia non deve altrettanto allontanarsi dalla vita civile i politica, ma ha invece il vero e proprio dovere di "prendersi cura" degli uomini e lottare per il trionfo della giustizia sociale.
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